La Democrazia Mondiale è in pericolo. Biden apre Il dibattito…

Pubblichiamo articolo del Generale Giuseppe Morabito Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation dal titolo”La democrazia Mondiale è in pericolo. Biden apre il dibattito…” apparso su Meridianoitalia.tv, che ringraziamo per la gentile concessione.

«Democrazia e difesa dei diritti umani sono in “recessione” nel mondo e la “grande sfida del nostro tempo” è reagire ad un simile “arretramento”. Questo è quanto ha rimarcato il Presidente americano Biden al Summit for Democracy, vertice virtuale con 110 Paesi, rappresentati sia da capi di stato e governo sia da importanti membri della società civile.

Il vertice organizzato a Washington ha lo scopo di rilanciarne la leadership geopolitica e ha rimarcato sopra ogni dubbio che la Cina Popolare e la Russia ( che non hanno partecipato al vertice cosi come, logicamente, non stata invitata la Turchia) non sono due stati  con leadership e governo e democratici.

“Bisogna unirsi” ha sottolineato  Biden, per dimostrare che le democrazie possono portare a risultati per le popolazioni e i loro paesi, meglio delle autocrazie, superando un “cammino a ostacoli”. Tra i leader intervenuti il nostro Presidente del consiglio, Draghi ha ricordato che le democrazie sono state “all’altezza” della sfida della pandemia. Devono però continuare tenere fede al loro impegno “per la libertà, l’equità e la prosperità economica per tutti”. Anche in epoca pandemica, ha detto, “le nostre istituzioni sono rimaste forti ed efficaci. Abbiamo preservato lo Stato di diritto. Le nostre economie sono in forte ripresa grazie al sostegno senza precedenti fornito dai governi e dalle banche centrali”, ha aggiunto, ricordando il Recovery plan europeo come “esempio di resilienza e democrazia nei giorni più bui della crisi” e le varie iniziative italiane sul fronte dei diritti.  

Negli USA Biden cerca di promuovere la democrazia globale ma  i segnali indicano la preoccupazione interna sulla questione e una potenziale mancanza di desiderio degli americani di intervenire altrove. In pratica parrebbe che  mentre c’è sempre il desiderio di incoraggiare l’azione oltre oceano, sembra avanzare la preoccupazione  che gli USA debbano fare il lavoro da soli.                                                                      

Un alto funzionario dell’amministrazione, parlando con i giornalisti in una anteprima del vertice sulla democrazia, ha detto: “Gli Stati Uniti si stanno avvicinando al vertice da una posizione di basso profilo. L’amministrazione Biden ha chiarito che gli sforzi per rafforzare la democrazia a livello globale iniziano lavorando con diligenza e trasparenza per rafforzare le sue fondamenta interne” e aggiungendo: “Il presidente è stato assolutamente chiaro sul fatto che proteggere i diritti costituzionali degli americani e l’integrità delle nostre elezioni dall’assalto sistematico anche interno”.

Quanto precede anche perché sembrerebbe che alcuni  sondaggi abbiano indicato che gli americani hanno preoccupazioni per la lo stato della democrazia anche all’interno degli stessi Stati Uniti stessi.

Inoltre, mentre Biden spera di estendere il messaggio alle problematiche da affrontare in casa propria, permarrebbe la questione della percezione che hanno le altre nazioni, soprattutto europee, in conseguenza degli interventi degli Stati Uniti all’estero e del, già ciato,  desiderio del pubblico americano per esserne attori principali ma non singoli.

A questo punto entra in gioco l’autonomia strategica europea e le tre ragioni  principali per cui è necessaria una maggiore “autonomia” strategica europea. In primo luogo, sarebbe ora che gli europei si assumano maggiori responsabilità per la propria sicurezza e difesa. In secondo luogo, gli Stati Uniti e i loro alleati europei potrebbero di volta in volta avere interessi diversi, in particolare nell’Indo-Pacifico dove si prospetta la necessità di difendere la democrazia della Repubblica di Cina -Taiwan dalle mire espansionistiche di Pechino.

Terzo, e’ necessaria per assicurare che gli Stati Uniti possano mantenere la loro garanzia di sicurezza all’Europa, data la crescente pressione sulle forze americane e qui entrano nella discussione delle mai sopite rivendicazioni di Mosca sull’Ucraina e del veto russo sull’ ingresso di Kiev nella NATO. Certamente, gli europei dovranno sostenere un peso maggiore sia per i costi sia per i rischi della loro sicurezza e difesa.

Il deterioramento del contesto di sicurezza in Europa rende anche l’attuale dibattito sull’autonomia strategica diverso e più pressante rispetto al passato, proprio perché potrebbero esserci contingenze durante le quali le forze statunitensi non saranno più presenti in modo sufficiente a garantire la “deterrenza americana” in Europa.

La difesa e la deterrenza devono essere e rimarranno la responsabilità primaria della NATO. Il nuovo governo tedesco sarà un attore importante e ha già indicato che soddisferà l’impegno per gli investimenti nella difesa della NATO. Qualsiasi discussione su una maggiore “sovranità europea” sarà accettabile per Berlino solo se porterà a una maggiore sicurezza e capacità di difesa compatibili con la NATO.

Inoltre, affinché tale ambizione europea sia plausibile, Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania dovrebbero essere d’accordo, il che non è affatto garantito perché c’è anche il pericolo che se persistono profondi attriti politici con l’UE dopo la Brexit, la Gran Bretagna potrebbe ritirarsi, forte della sua capacità nucleare ,  dalla difesa del continente Europa .L’amministrazione Biden potrebbe aiutare la realizzazione di un’Europa più strategicamente responsabile  perché avere alleati europei più capaci è nell’interesse americano.

Ad esempio, gli europei potrebbero assumersi maggiori responsabilità per il Mediterraneo occidentale e Nord Africa.  La Libia, ad esempio, è più vicina all’Europa della Cina Popolare e senza una soluzione della crisi libica si rischia ancora un “teatro simil-afghano” al nostro confine. 

Tornando alla conferenza  di Washington la dimostrazione che democrazia è in pericolo arriva oggi dal governo del Nicaragua, guidato dall’ex guerrigliero sandinista Daniel Ortega, che ha reso noto che riconosce la Cina Popolare come un unico paese e rompe conseguentemente le relazioni con Taiwan.  L’ex guerrigliero ha  comunicato che ;”Il governo della Repubblica di Nicaragua dichiara di riconoscere che nel mondo esiste una sola Cina” aggiungendo “La Repubblica popolare cinese è l’unico governo legittimo che rappresenta tutta la Cina e Taiwan  è parte inalienabile del territorio cinese”.

Finora il Nicaragua era fra i Paesi che avevano riconosciuto la democrazia di Taiwan come paese indipendente e il governo di Taipei è stato il donatore bilaterale più importante verso il paese dell’America Centrale, di cui ha finanziato una trentina di progetti in agricoltura del valore fra i 30 milioni e i 50 milioni di dollari.

Si vede che Pechino ha proposto aiuti maggiori di quelli finora ricevuti da Taiwan e probabilmente il governo ex-sandinista, che ha ben poco di democratico, si riconosce maggiormente in quello di Pechino che in quello di Taipei. In sintesi, Ortega è passato da rivoluzionario a dittatore amico della Cina Popolare anche se questo passo non è mai breve, soprattutto se a compierlo è un personaggio che oltre quarant’anni fa era considerato un “faro” per gli oppressi, esempio e simbolo per quanti, nel mondo, avevano deciso di battersi contro i totalitarismi, accendendo passioni, entusiasmi, speranze. 

La democrazia è in pericolo ed è triste pensare che per farla sopravvivere c’è il rischio di dover usare gli eserciti. A questo punto tutta la fiducia va verso la diplomazia…»

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